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    Home»Editoriali»Sampdoria, cari Ultras ripensateci: così ci facciamo del male da soli
    Editoriali

    Sampdoria, cari Ultras ripensateci: così ci facciamo del male da soli

    Cari Ultras ripensateci è l'editoriale del direttore Luca Uccello in vista di Sampdoria-Inter: lo stadio sarà ancora in mano ad altri...
    Luca UccelloDi Luca Uccello8 Settembre 2021Aggiornato:28 Febbraio 2024
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    Cari Ultras ripensateci è l’editoriale del direttore Luca Uccello in vista di Sampdoria-Inter. Una sfida che vedrà ancora una volta il nostro stadio in mano ad altri…

    Premessa. Non giudico nessuno. Tifosi compresi, anche quelli che decidono di non venire allo stadio. Quelli che hanno deciso di restare a casa, fuori dalla Gradinata Sud anche se il tuo primo e unico amore è dentro da sola che lotta e soffre con un nemico che cambia ogni domenica. Ma so anche cosa significa mentalità Ultras, so che ci sono dei principi e tali rimangono anche nelle difficoltà…

    Non voglio giudicare, lo ripeto, perché ho fatto parte anch’io della Gradinata Sud. So cosa significa fare dei sacrifici per seguire la Sampdoria. Per novanta minuti ho girato l’Italia e anche l’Europa. Ho avuto questa fortuna che racconterò piano, piano a Vittorio.

    Mio figlio ha cinque anni e domenica verrà allo stadio con il suo papà. Questa volta non lo porterò nella Sud. C’è già stato, quando aveva tre anni. Era felice con la sua sciarpa. Cantava, batteva le mani. È due anni che mi chiede continuamente di portarlo. Vuole rivivere quell’emozione con me. Ora cosa gli racconterò?

    Ora non vorrei fargli vedere uno stadio senza i nostri colori, senza calore e quella passione che mi ha fatto crescere dalla parte giusta. Non vorrei fargli vedere nemmeno quella parte dello stadio colorato di nero e blu. Quello che canta, che sventola bandiere e batte forte sui tamburi facendo rumore, come se fossero a casa loro. Non mi piace. Preferirei non farglielo vedere questo spettacolo. Meglio di no.

    Sampdoria, cari Ultras ripensateci: così ci facciamo del male da soli

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    Quando sei piccolo, a 3 anni ti innamori di un colore, di una maglia, di qualcosa che ti colpisce e può rimanerti dentro. Ho pochi ricordi, come tutti, della mia infanzia. Ma quella maglia, quella grida allo stadio non le ho mai dimenticate. Non ‘ho fatto perché andavo allo stadio, perché era normale andarci, perché era un dovere farlo. E ora? Tutti questi bambini senza stadio ormai da troppo tempo? Ci avete pensato? Ci sarà una generazione futura?

    Non vi giudico cari Ultras ma provate a capirmi. Così si fa male alla Sampdoria. E quando parlo di Sampdoria parlo della maglia, di quello per cui viviamo e non di altro. Hanno sempre avuto bisogno di noi. Proprio come un figlio ha bisogno di suo papà e della sua mamma. La Sampdoria ha bisogno di noi. O tutti o nessuno. Già. Ma gli altri ci sono. Quelli dell’Alessandri, quelli del Milan e ora quelli dell’Inter…

    È un legame forte, non un semplice filo che ci lega. C’è di più, c’è sempre stato. Non andare allo stadio è legittimo ma lo è altrettanto dire e pensare che questo possa essere un errore. Un errore che anche qualche generazione futura potrebbe pagare. Perché l’amore per una squadra si costruisce quando sei piccolo. L’amore cresce vivendo quello che ami. La passione non nasce all’improvviso. Va vissuta partita dopo partita.

    Chi ti ha portato allo stadio la prima volta? Chi ti ha fatto amare questa maglia? Io non sono capace ad amare da lontano. Sarà un mio limite. Ma sentire battere forte il cuore della Sud è qualcosa che mi manca, qualcosa che vorrei sentire soprattutto a casa MIA.

    Sarebbe bello vedervi all’improvviso comparire tutti insieme, uniti come una volta a comandare a casa nostra. Aspettandovi fiducioso, intanto racconterò a Vittorio che la Sampdoria si ama, a prescindere.


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