Mario Balotelli si è lasciato andare nel corso di Muschio Selvaggio con Fedez. L’attaccante si è raccontato
Mario Balotelli nel corso del podcast condotto da Fedez si è raccontato. Ha fatto una amissione di colpa, non poteva certo mancare, sugli errori commessi nel corso della sua carriera.
L’attuale attaccante del Sion è tornato su un tema molto caldo, quello della Nazionale. Balotelli non si sente fuori dai giochi anche se Roberto Mancini è di parere decisamente opposto
Avevo tutti gli occhi addosso, ho commesso qualche errore ma non troppi. E mi sento ancora da Nazionale
Mario Balotelli ripercorre la sua carriera
Mario Balotelli vuota il sacco da Fedez. Le parole
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SuperMario ha sempre vissuto con i riflettori puntati addosso un po’ perché da lui ci si è sempre aspettati molto, forse troppo, un po’ perché l’attaccante non ha mai fatto nulla per farli spegnere, anzi. Questo suo vestito da bad boy tal volta gli è costato caro chiudendoli anche delle opportunità, una su tutte la Nazionale, anche se l’attaccante si sente ancora utile alla causa azzurra.
So di avere sbagliato qualcosa, ma è anche vero che avevo sempre i riflettori puntati addosso. Al di là del mio carattere e dell’etichetta di baby fenomeno, credo che lo status di primo giocatore di colore nella Nazionale abbia contribuito a far sì che si parlasse sempre di quello che facevo fuori dal campo. Ho visto certi colleghi fare cose che, se le avessi fatte io…
Quando indossi la maglia azzurra, provi un’emozione incredibile. Con Mancini c’è sempre stato feeling, non è vero che abbiamo litigato ai tempi del Manchester City. Mi sento ancora un calciatore da Nazionale
Balotelli ha poi ripercorso la sua carriera dall’amore con l’Inter rotto nella notte di San Siro contro il Barcellona, la lite con Mou, al passaggio alla Juventus, solo sfiorato perché poi grazie all’intervento di Galliani virò sul Milan
L’Inter l’ho amata tantissimo, la amo ancora.
Sono grato ai nerazzurri, soprattutto a Moratti. Nel mio cuore sono milanista, però all’Inter ho trovato davvero un gruppo stupendo e tifosi straordinari.
La maglia gettata a terra, dopo la semifinale contro il Barcellona, ha rovinato tutto: io ho sbagliato, ma avevo 19 anni. Non capivo come mai tutto lo stadio potesse fischiarmi per un paio di palloni persi: tornai a casa piangendo.
Materazzi era il mio angelo custode. Dopo quel gesto venne a sgridarmi, però voleva soltanto proteggermi. Mou? Non è un tipo semplice, proprio come me. Prima di una trasferta a Catania, litigammo sul pullman che ci portava in aeroporto. Mi fece scendere e tornai a casa in auto.
Ero al Manchester City e Raiola parlò con Marotta. Incontrai Conte e Nedved, il tecnico mi spiegò come mi avrebbe fatto giocare. Sembrava fatta, così Raiola chiamò Galliani per dirgli che avrei firmato con i bianconeri. Adriano stoppò tutto e mi portò al Milan: in rossonero ho trovato una vera e propria famiglia