La Sampdoria di Pietro Accardi e la realtà da Champions League in cui viviamo. Rimettiamo i piedi per terra e corriamo…
Una storia da raccontare. Di quelle che si possono raccontare anche ai bambini. La Sampdoria è la squadra delle Meraviglie. Tutte vogliono venire a giocarci. Tutti vogliono tornare a Bogliasco ad allenare. Sole, temperatura mite anche a novembre e il mare all’orizzonte. C’è luce, c’è gioia di vivere. C’è speranza, quella continuiamo ad averla. E poi c’è pace. Nessuno disturba la quiete di questo posto magico. Non ci sono tifosi. E si ci sono tenuti lontano da un cancello chiuso. Se ci capitati davanti c’è un insegna, un po’ vecchia, un po’ rovinata che ti ricorda che oltre quel cancello può esserci un Paradiso.
Ma il Paradiso non è per tutti.
La Sampdoria è un mondo fantastico. Un mondo che non merita l’Inferno e nemmeno questo Purgatorio. Ma se sbagli strada ti perdi, ti trovi in un girone sbagliato e uscirne senza ascensore è complicato. E poi la testa. Si la testa, l’atteggiamento in campo, il volto di una squadra che non ha ancora un’identità. Deve essere quella di Andrea Sottil. Ma anche quella di Pietro Accardi. Due personaggi simili ma diversi. Il primo è duro, scontroso nei modi, nel vestire. Poco comunicatore. Come il grande capo. Poco empatico. Pietro è uno che ha la faccia da duro ma è uno che ti sa parlare. Ti sa comunicare con stile. Uno che è capace di convincerti di tutto. E mi ha stregato. Non lo nascondo. Continua a farlo ogni volta che apre bocca..
Ma torniamo al racconto. All’unica cosa che si può dire senza paura, nel rispetto di tutti. Chi gioca nella Sampdoria, ma anche chi lavora per la Sampdoria di oggi, non ha ancora capito di essere sceso di un gradino, forse anche di due o tre. La Serie A non è ancora arrivata e chissà se arriverà. Ma il problema a quanto pare non è sentirsi ancora in Serie A o ragionare da grande. È ragionare e comportarsi come se fossimo in Champions League.
Io sinceramente non mi sarei spinto con la mente così tanto oltre. E invece…
La Sampdoria è la Champions League
Sampdoria, Pietro Accardi e la Champions League. Una bella storia da raccontare
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Pensavo di essere io. Solo io a leggere prima la formazine della Sampdoria che ogni sabato scende in campo e poi leggera quella degli altri. Dei nostri avversari. Nomi sconosciuti. Quasi tutti. Perdonatemi ma non sono un grande osservatore della categoria. Forse perché questa categoria mi sta stretta. Troppo.
Ma ho capito che quello che faccio io lo fanno anche tanti altri tifosi. Lo fa anche Pietro Accardi. E già. È umano anche lui. E la sensazione è la stessa. Non c’è partita. Non ci dovrebbe essere. E invece c’è, si gioca. Si gioca e ci facciamo male.
La musica non cambia. Non è quella della Champions League. Non è quella come detto nemmeno di Giovanni Allevi. Da noi non c’è musica. Ma quella che Pietro ci canta è quella che conosciamo tutti: ci vuole testa, ci vuole fame. E ci vuole anche l’atteggiamento, l’approccio giusto per questa categoria. Perché forse qualcuno crede di giocare in settimana in Champions League. Poi al sabato scendi in campo in stadi che cadono a pezzi e giochi non contro Modric ma contro Tramoni. Tanto per fare un nome a caso.
La settimana che vivono i giocatori della Sampdoria è da Champions League, perché la struttura lasciata da Massimo Ferrero oggi non ce l’hanno tante squadre di Serie A, perché il pubblico blucerchiato è da Europa. Perché qui da noi il giocatore è trattato come un signore. Dal cuoco in trasferta al volo charter…
E forse in Champions League si sente anche Andrea Sottil. Quello che Pietro Accardi ha conosiuto a Udine e Ascoli non c’è ancora. La Sampdoria gioca in Serie Bkt. Questa è la sua seconda stagione. E non vorrei farne un’altra. Vorrei tornare a San Siro. E perché no, un giorno riprovare a giocarmi anche la Champions League. Ma questa (il mio desiderio) oggi sembra essere più una favola…