Sinisa Mihajlovoc torna a parlare, lo fa in conferenza stampa. Un ritorno al calcio pieno di emozioni e qualche lacrima di commozione…
“Non mi sento un eroe”. Ma Sinisa Mihajlovic è come se lo fosse per noi. Ha pianto, non si è nascosto. Ha lottato, ha combattuto da duro, come è lui, come è sempre stato in campo. E ha vinto. E la vittoria lo ha emozionato ancora, lo ha fatto piangere. Perchè è un uomo, e gli uomini piangono davanti a una malattia, alla paura di non farcela. Sinisa ha diviso ora ha unito tutti i tifosi. Perchè il calcio è anche questo, soprattutto questo…
“L’ultima volta che ci siamo sentiti era il 13 luglio, ho pensato che fosse giusto ritrovarci insieme ai medici. In questi 4 mesi difficili ho conosciuto al Sant’Orsola medici straordinari, infermieri che mi hanno curato e sopportato: so che ho un carattere forte, difficile ma loro sono stati meravigliosi con me. Li ringrazio tutti di cuore, anche per la vicinanza alla mia famiglia (si interrompe per la commozione). Sono stati tutti fondamentali, senza di loro non avrei fatto quello che ho fatto. Passo la parola ai medici che devono tornare a salvare altre vite”.
“Voglio ringraziare tutti quelli che hanno avuto un pensiero per me. Mi sono sentito molto protetto e voluto bene, sentendomi come parte di una famiglia. Poi volevo ringraziare tutti i tifosi e soprattutto i tifosi del Bologna che mi hanno fatto sentire come un fratello”.
“Grazie anche ai miei amici più stretti, uno particolare e più sentito alla mia famiglia. Mia moglie è stata tutti i giorni con me (ha la voce spezzata dal pianto, ndr) e mi ha dimostrato di essere fortunato: forse è l’unica persona al mondo che ha più palle di me. I miei figli sono la mia vita e quando c’era il problema di trovare un donatore hanno accettato di fare subito tutti gli esami del caso. Ho passato 4 mesi tosti, sono stato rinchiuso in una stanza d’ospedale da solo e il mio più grande desiderio era di prendere una boccata d’aria fresca. Non mi sono mai sentito un eroe, solo un uomo sì forte, con carattere ma sempre un uomo con tutte le sue fragilità. Voglio dire a tutti quelli che sono malati gravemente che non si devono sentire meno forti se non l’affrontano come me: non c’è da vergognarsi di aver paura, l’importante è non perdere mai la voglia di vivere. La leucemia è una malattia bastarda, ci vuole molta pazienza, bisogna ragionare giorno per giorno, per piccoli obiettivi. Non si deve mai perdere la voglia di combattere. Alla fine se sei forte e ci credi arriva il sole…”.
“Più il tempo passa più riprenderò le forze, ho perso 21 chili, prendo 19 pastiglie al giorno però li prendo perché bisogna farlo. Spero che dopo questa esperienza di uscire come un uomo migliore perché nella vita precedente la pazienza non era il mio forte ma oggi devo averla per forza. Guardo tutto in un’altra maniera, prendere una boccata d’aria diventa una cosa bellissima. Ora però non voglio parlare più di malattia ma di calcio. Sapevo che avrei condizionato la squadra, la classifica, l’atteggiamento, le partite giocate: è normale. Ma non volevo che questo diventasse una scusa”.
“Prima della malattia dividevo la gente, con la malattia sono quasi riuscito ad unirla. Penso ai tifosi juventini che mi hanno applaudito ed è stato molto bello e commovente”.
Grazie Sinisa, grazie di aver giocato per noi, di non averci mai dimenticato…