Dal pareggio di Benevento si salva solo Mikkel Damsgaard e il gioco della Sampdoria è da film horror. La puntina di Massimiliano Lussana
Iniziamo a scrivere subito le cose buone della Sampdoria.
La prestazione di Mikkel Damsgaard, che è una forza della natura, e infatti ha passato sessantatrè minuti in panchina.
Poi gli ultimi quindici-venti minuti, nei quali perlomeno la Sampdoria ha legittimato il pareggio. Anzi, ha concluso attaccando continuamente, come se si fosse ricordata all’improvviso la sua storia, il suo organico, la sua rosa, certamente molto superiore a quella del Benevento.
Fine delle cose buone. E quindi? Sampdoria, eccetto Damsgaard è tutto da buttare!
Per il resto, a parte queste cose, il Benevento ha dominato. Per di più arrivando parecchie volte vicino al raddoppio, dopo il primo gol che è stato un capolavoro di un mio antico (e recente) amore blucerchiato, Gianluca Caprari. E con la complicità di Audero, al primo vero errore della stagione.
Ma, per l’appunto, qui la cosa non è raccontare le azioni o le reti, lo splendido assist di Damsgaard per Keita, o il pareggio finale, peraltro giusto alla luce degli ultimi venti minuti. Qui raccontiamo di una squadra che fa fare quattro punti sui sei disponibili al Benevento che, con tutto il rispetto, non è il City.
Qui raccontiamo della rinuncia a giocare, come se il bel calcio fosse proprio incompatibile con la Sampdoria di Ranieri. Sampdoria che, ad oggi, non è nemmeno lontana parente di quella che ci ha fatto innamorare con Inter, Atalanta, Lazio, Fiorentina. O anche in partite perse come quella di Napoli, con un grande primo tempo.
Sampdoria, eccetto Mikkel Damsgaard è tutto da buttare
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Qui parliamo non solo di Damsgaard, che è una forza della natura e, incredibilmente, non gioca tutta la partita (e non ci sono questioni di impegni plurimi in settimana, di turn over, di infortuni, varie ed eventuali), ma anche di Askildsen che, dopo lo splendido gol dello scorso anno, è stato messo in naftalina.
Qui parliamo di un gioco che, per larghi tratti, è assolutamente inguardabile.
E trovo incredibile e surreale il fatto che si parli di rinnovo del contratto per Ranieri, a cui certamente andranno edificate statue equestri al Mugnaini, ma che è arrivato al capolinea dell’esperienza genovese.
In più occorre tenere conto di alcune cose su tutte.
A partire dal fatto che, a mio parere, Torregrossa non può fare il titolare in serie A. Tutti ci siamo entusiasmati per lo splendido gol al suo esordio in blucerchiato. Ma, se in sette campionati (sei e mezzo visto che quello attuale non si è ancora concluso) hai segnato cinquantuno reti, compresa quella in blucerchiato, evidentemente non sei Pippo Inzaghi, per restare in tema con la partita di oggi.
E se di quei sette campionati cinque e mezzo sono stati in serie B, evidentemente o sei l’attaccante più incompreso della storia o, più probabilmente, coloro che si sono entusiasmati per lo splendido gol di testa al Ferraris sono troppo ottimisti.
Di più: in serie A Torregrossa ha totalizzato 29 presenze, realizzando otto reti.
E, mettendo insieme tutte le presenze professionistiche fra serie A, serie B, play-off di B e Coppa Italia, che sono 186, le reti segnate sono solo 53.
Insomma, pongo un dubbio: è stato saggio vendere Bonazzoli per prendere Torregrossa?
Ma, al di là di questo, è proprio il gioco di Ranieri a mio parere ad essere arrivato al capolinea. Si parla di un Giampaolo bis per il prossimo campionato, e ci può stare. Ma io guardo con attenzione anche a Roberto De Zerbi, a Vincenzo Italiano e a Giovanni Stroppa. Il Crotone con il Milan ha perso per quattro a zero. Ma per un’ora ha giocato a calcio.
Siamo certi che la Sampdoria non possa farlo?