In casa Sampdoria è stata appena votata dall’intero Cda la fiducia a tempo o la sfiducia a tempo per Marco Giampaolo? Bella domanda…
Amici blucerchiati, dico la verità: in questi giorni parlare di calcio giocato è abbastanza faticoso, specie se l’argomento è la Sampdoria. Inutile che vi spieghi perché.
Tuttavia, se non ci facciamo obnubilare dalle vicende extra campo, dobbiamo ben ricordare che tutto – tutto! – ruota comunque attorno ad un pallone che rotola e fa le fortune o le sfighe di squadre, società, allenatori, giocatori, presidenti, tifoserie, comunicatori professionisti o professionali.
Non è quindi secondario ritornare su una notizia che, nascosta tra le pieghe di misteri al momento inesplicati, ha tenuto relativamente banco sul fronte blucerchiato, e che invece ha una sua essenzialità tecnica di primo livello. Parliamo della conferma di Marco Giampaolo al timone della formazione a noi cara.
Voglio anzitutto precisare che, a differenza di altri illustri notisti, ho sempre guardato con franchezza all’operato del tecnico abruzzese, non tutto sempre bene e non tutto sempre male, fin dalla sua prima avventura doriana, che vedo di recente quasi sminuita nei suoi contenuti. Come se le tre stagioni qui condotte fossero state figlie di una casualità che, tra l’altro, avrebbe potuto e per taluni dovuto portare oltre, come fosse una sorta di mantra.
Prendo atto del fatto che lo stratega che avevo imparato ad apprezzare nel suo triennio in blucerchiato – il migliore della sua carriera – abbia in tempi successivi perso l’occasione per il salto di qualità. E in tutta onestà non mi interessa che abbia mancato il bersaglio nella Milano rossonera e nella Torino granata.
Sampdoria, il ritorno di Giampaolo impietoso come quello di altri…
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Devo però riflettere a lungo sul fatto che anche il suo ritorno sulla panchina che fu di Bernardini, Ulivieri, Boskov ed Eriksson – cito i quattro che mi hanno lasciato di più – sia stato problematico, e non aggiungo altro. I numeri li conosciamo, e sono impietosi.
Detto questo, mi chiedo quale possa essere stato il senso di una conferma ad orologeria, come quella – sembra, è stato riportato, io non ero presente alla riunione, come nessuno di noi – arrivata da Corte Lambruschini nelle scorse ore.
Perché è chiaro come il percorso, già tortuoso, sia diventato fatalmente un campo minato. Tanto per dire, la prossima sfida – il Monza – è immediatamente decisiva. E quindi: che legittimazione ha oggi un generale non dico sfiduciato, ma perlomeno “fiduciato a tempo”, davanti alle sue truppe? Si gioca tutto in novanta minuti, e come reagiranno i suoi ragazzi? Che pressione potranno sentire?
E c’è un altro aspetto da considerare. Se questo ostacolo dovesse essere aggirato, la pratica dovrebbe essere archiviata, o magari rimandata fino ad un possibile, successivo momento-no?
Con che spirito vivere questi giorni, cari amici, non lo posso e non lo devo descrivere io. Forse la soluzione più radicale sarebbe stata, a questo punto, la più ragionevole. Ma se fuori dal campo regna l’incertezza, non è che sull’erba di Bogliasco o del Luigi Ferraris le cose vadano diversamente. Non meglio, non peggio: diversamente. Giusto?