Accanto agli stipendi monstre ci sono tasse elevate che premono molto sulle casse dei club. La crisi del calcio può danneggiare anche lo Stato
Sono 1,2 miliardi di euro quelli che il calcio italiano versa ogni anno nelle casse dello Stato. Una cifra considerevole per un settore legato all’intrattenimento. Ormai è noto che attorno al calcio ruota un giro d’affari di miliardi di euro, ma le società sono ugualmente colpite e appesantite dalla situazione attuale.
Infatti ogni club è gravato non solo dagli stipendi da capogiro dei calciatori ma anche dal loro costo lordo, comprendente tributi e previdenza. Perciò lo stipendio di Quagliarella, che ammonta a 1,2 milioni di euro annui, costa alla Sampdoria circa un milione in più in termini di tasse da versare allo Stato italiano.
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Dunque le squadre sono molto vessate e la situazione potrebbe peggiorare se, in seguito, le entrate diminuissero (diritti tv ad esempio). E a farne le spese, a ruota, sarebbe lo Stato, perché in caso di fallimento dei club sarebbe privato di un notevole gettito fiscale. E ovviamente non si parla solo delle società di Serie A: anche quelle più in difficoltà di B o di C, che non possiedono i costi ma nemmeno i guadagni dei club più grandi, ne risentirebbero molto.
In più, in un settore che comunque si indebita molto e che necessita spesso di ricapitalizzazioni, il prelievo fiscale, stando ai dati della Lega Serie A e della FIGC, è cresciuto del 37%. A questo va aggiunto un esborso molto elevato e l’impossibilità di avere adeguati sgravi fiscali: il costo del lavoro, infatti, non è deducibile nel calcio. Dunque le società risentirebbero ancora di più di questa situazione e anche lo Stato italiano, qualora non supportasse il mondo del calcio con misure ad hoc a livello fiscale.