C’era una volta l’uguaglianza di genere. La parità dei sessi sulla quale abbiamo tanto combattuto negli ultimi due secoli sembra non esserci più. E’ tornata la sua discriminazione, e lo ha fatto nel peggior modo in cui potesse colpire: nello sport.
Negli Stati Uniti e in Canada giocano quasi la metà di tutte le calciatrici tesserate al mondo, con circa 2 milioni e 255 mila su 4 milioni totali. Inoltre la nazionale USA ha vinto gli ultimi due mondiali di fila, senza risultare nemmeno per un momento in difficoltà contro le colleghe europee. Addirittura negli ultimi cinque anni il movimento calcistico femminile ha generato, nel continente, un ricavo superiore di circa un milione a quello maschile.
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Numeri che fanno riflettere tutti. Lo scorso anno le giocatrici nazionale hanno intrapreso una causa per rivendicare la discriminazione nella parità salariale tra i sessi. Esse hanno richiesto un’ integrazione di 66 milioni di dollari, in base alla legge sulla parità retributiva.
Negli ultimi giorni però, il giudice incaricato Klausner ha rigettato l’istanza, giustificando che esistono delle prove che attestano la volontà espressa dalle calciatrici tempo fa, di non essere stipendiate come i colleghi maschi. Il passaggio, secondo il giudice, sarebbe di natura prettamente tecnica, in quanto i calciatori maschi sarebbero retribuiti in base alle convocazioni e alle partite, mentre le calciatrici avrebbero un compenso garantito ad un maggior numero possibile di sportive, ed un’assicurazione sanitaria privata. Pertanto, secondo Klauser, Rapinoe e compagni non possono ora ritenere retroattivo l’accordo collettivo (CBA).
La battaglia nella parità dei sessi dunque continua, e la discriminazione sembra farla ancora da padrone. E’ difficile in situazioni simili capire dove stia la ragione, visto che la federazione propone cifre e le ragazze ne forniscono altre. Il 16 giugno ci sarà un’ulteriore processo, questa volta sulla qualità dei trattamenti nei viaggi , secondo loro, migliori per gli uomini.
Nel frattempo Rapinoe annuncia un ricorso, e dichiara: “Noi non cesseremo di combattere; per avere dei compensi uguali agli uomini”. Oggi al vertice della federazione c’è Cindy Parlow, ex calciatrice e campione del mondo nel 1999. Restiamo dunque in attesa di vedere come si evolverà questa situazione nel prossimo capitolo di questa brutta pagina dello sport.