La cessione del ramo sportivo della Sampdoria potrebbe essere possibile con la liquidazione giudiziale: la spiegazione di Roberto Albisetti
In casa Sampdoria è in corso la procedura di composizione negoziata. Il Cda ha scelto questa strada, affiancato dall’esperto Eugenio Bissocoli, per provare a uscire dalla crisi, arrivando a un accordo con i creditori per salvaguardare la continuità aziendale.
Date le difficoltà emerse, però, come afferma Roberto Albisetti su Telenord, è difficile che ci possa essere un’intesa. Ecco perché l’economista spiega cosa potrà succedere alla Sampdoria una volta terminata la procedure e una volta che l’esperto ha inviato la sua relazione al Tribunale, all’impresa e ai creditori.
C’è la possibilità di un concordato semplificato liquidatorio, su cui Albisetti ha dubbi, oppure la liquidazione giudiziale. Su Telenord, l’economista ha spiegato la differenza tra le due procedure.
Nella liquidazione giudiziale, il ruolo del Tribunale è definito più “pervasivo”:
Nel caso della liquidazione giudiziale il ruolo del tribunale è più pervasivo, il tribunale nomina un giudice delegato, un curatore e un comitato dei creditori che dovrebbero dare maggiori garanzie ai creditori, mentre nel concordato liquidatorio la proposta viene dal debitore, il tribunale non entra nel merito e non è previsto consultare i creditori.
Cessione Sampdoria, Albisetti: strada definita
Cessione Sampdoria, Albisetti: possibile liquidazione giudiziale. La spiegazione
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Se si dovesse aprire una fase di liquidazione giudiziale, si parlerebbe anche di “spossessamento dei beni del debitore”. Come scrive Albisetti, l’amministrazione dell’impresa, dunque, passerebbe al curatore, che avrebbe il compito di preparare un programma di liquidazione, approvato – questo sì – dai creditori e autorizzato dal giudice
Il curatore avrebbe, dunque, poteri speciali:
Al curatore vengono affidati speciali poteri per portare a termine operazioni sull’organizzazione e la struttura finanziaria della società, e per esercitare i poteri dell’assemblea dei soci, che è un cambio radicale nella governance che lascia poco spazio a interpretazioni ambigue.
Questo è giustificato dall’intenzione di preservare l’integrità del patrimonio per facilitare la vendita in blocco dell’azienda. Su queste basi, il curatore può vendere l’azienda senza l’accollo dei debiti sorti prima del trasferimento di proprietà, salvo che l’acquirente decida di pagare il prezzo mediante accollo di parte dei debiti se questo risultasse opportuno e più favorevole per i creditori.
La fase di liquidazione, dunque, consentirebbe ad Alessandro Barnaba di attuare il suo piano di divisione in “good company” e “bad company”, in quanto il curatore potrebbe vendere l’azienda senza i debiti nati prima del passaggio di proprietà. In ogni caso, comunque, il piano di liquidazione dovrebbe prevedere la cessione. Per Albisetti, però, la strada sembra tracciata:
In entrambi i casi, il piano di liquidazione dovrebbe prevedere un’offerta per la cessione dell’azienda (o di un suo ramo) perché la vendita dell’impresa nel suo complesso resta sempre la soluzione preferibile per i creditori, perché genera l’aspettativa di un maggiore ricavo rispetto alla vendita dei singoli beni patrimoniali. L’esecuzione della liquidazione, quando esista un acquirente, normalmente si realizza con il conferimento dell’azienda, dei suoi beni e rapporti contrattuali a altra società, anche di nuova costituzione.
La strada è ancora lunga, tortuosa, con molte buche, ma la direzione sembra definita.