Coronavirus, parla l’ex portiere blucerchiato Emiliano Viviano e racconta alla redazione di Mediagol come sta vivendo quest’ emergenza.
Emiliano Viviano è un ragazzo schietto, che non fa giri di parole. Chiarissimo il suo pensiero sull’emergenza e i suoi riflessi sul mondo del calcio: “Ci sono tanti atleti infetti di CoVid-19 che stanno benissimo ma che potrebbero trasmetterlo a qualcun altro che potrebbe aggravarsi. Si fa dunque appello alla sensibilità di tutti. Se non si rispettano queste norme, bisogna adottare ulteriori provvedimenti ed essere ancora più restrittivi. Nel mondo del calcio, purtroppo o per fortuna, circola molto denaro e bisogna sempre tenere presente il risvolto economico. Avrei dato maggior voce ai calciatori che non si sono potuti esprimere. Noi giocatori vorremmo esporci e fornire un po’ di svago a chi rimane a casa ma purtroppo in questo momento è sbagliato perché anche noi possiamo ammalarci e abbiamo parenti in famiglia che possono essere contagiati gravemente. La vita umana viene prima di ogni cosa”
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Coronavirus, la gravità della situazione è stata troppo sottovalutata
Anche se inizialmente, ammette di aver preso un po’ sottogamba la vicende: “Tutti noi abbiamo sottovalutato questa epidemia. Come in ogni situazione, quando una cosa non ti tocca personalmente non ne cogli l’entità: per primo io, che vivo a Brescia. Sulla diffusione del contagio vi posso assicurare, purtroppo, che ci sono scene di ordinaria follia, come vedere l’Esercito a Bergamo che ha portato via i feretri che non riescono a trovare spazio. Bisogna attenersi alle regole, non è solo una questione di senso civico ma di rispetto per la nostra vita e quella degli altri, di tutti i medici, gli infermieri, i volontari. Senza dimenticarsi di chi lavora nei supermercati o nelle farmacie ed è costretto sottoporsi al rischio contagio. Ci chiedono di stare a casa, mica di andare al fronte. Certo, è dura per tutti però l’unica cosa da fare è questa. Possiamo essere portatori sani senza neanche saperlo.”
Una sfida da vincere tutti insieme, restando a casa.
Ma adesso le cose sono cambiate: “Sono morti dei genitori dei miei amici, parenti di altri amici, ho ascoltato i racconti di chi lavora in ospedale. C’è gente che è stata ricoverata e una volta dimessa è rimasta sotto shock. Siamo in guerra: non ci sono armi nucleari ma è una guerra. L’unica cosa che ci viene chiesta è rimanere in casa. Misure restrittive nel mondo dello sport? Sono arrivate un po’ tardi come è accaduto del resto per tutta l’Italia. Il giorno prima del Decreto #IoRestoACasa, io mi sono allenato e dal giorno dopo non sono più uscito dalla mia abitazione.