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    Editoriali

    L’inno della Sampdoria sarà sempre per sempre…

    L'inno della Sampdoria di Vittorio De Scalzi resterà per sempre. Perché ci lega un filo, perché chi diceva che fa schifo oggi non c'è più...
    Luca UccelloDi Luca Uccello7 Agosto 2022Aggiornato:7 Agosto 2022
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    L’inno della Sampdoria di Vittorio De Scalzi resterà per sempre. Perché ci lega un filo, perché chi diceva che fa schifo oggi non c’è più…

    Sempre, e per sempre, “Lettera da Amsterdam” è qualcosa che dà i brividi, ma la prima senza Vittorio De Scalzi, è stato qualcosa di ancora più unico e emozionante.

    Il canto della Sud sembrava modulato e, a ogni sfumatura musicale, ne corrispondeva una per cui sembrava di vedere i capelli bianchi di Vittorio, le pieghe morbide, la sua voce e il suo sguardo dolcissimo.

    E lo striscione “Per sempre ci legherà un filo… ciao Vittorio” – che fa il paio con la più bella coreografia della Sud in un derby che, per l’appunto, è quella con la scritta in corsivo “Perché ci lega un filo” – è la perfetta chiusura di tutto questo, il filo che non si spezza.

    Perché dedico tanto spazio al pre-partita, alla canzone, a un particolare?

    La prima risposta è ovvia e scontata: perché Vittorio se lo merita, se lo merita tutto.

    Ma è la seconda risposta quella forse ancora più importante, perché sulle note e sulle parole di Vittorio, ovviamente di Aldo Nestor De Scalzi e di Federico Sirianni, nasce la metafora della rinascita blucerchiata.

    Ricordo quando l’ex presidente della Sampdoria arrivò a Genova e disse, letterale: “La prima cosa che farò è cambiare l’inno che fa schifo”.

    Giustamente, successe il finimondo.

    Ma nemmeno le correzioni in corsa negli anni – “Lettera da Amsterdam è bellissima, ma un po’ triste, servirebbe qualcosa per dare più energia alla squadra” – furono geniali, per usare un eufemismo.

    E oggi sentire, ogni volta, “Perché ci lega un filo” ha anche uno splendido valore ulteriore.

    Poi, c’è anche la partita, la prima ufficiale, che ovviamente non può portare a giudizi definitivi se non probabilmente a uno, consolidato.

    Sampdoria, inno a parte la squadra di Giampaolo ha giocato sottotono

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    L’inno della Sampdoria sarà sempre per sempre…

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    Ronaldo Vieira non può essere il regista di questa squadra e non può esserne nemmeno un titolare.
    Per il regista bastava guardare dall’altro lato del campo a Lorenzo Crisetig, con la maglia cella Reggina.

    Per il titolare bastava guardare in panchina a Gerard Yepes Laut, in attesa dei rinforzi e probabilmente di Villar.
    Insomma, la cosa buona della partita è sostanzialmente solo il passaggio del turno, per di più senza supplementari (per info al riguardo rivolgersi al Lecce) che avrebbero rischiato di pesare sull’esordio in campionato di sabato prossimo alle 18,30 contro l’Atalanta di tanti amici, prima partita in assoluto della serie A, sia pure in condivisione col Milan campione d’Italia.

    Ma, davvero, si è vista una Sampdoria bruttina, come è naturale il 6 agosto, per di più contro una Reggina messa bene in campo da Pippo Inzaghi.

    Il problema è che si sono visti eccessi di Giampaolismo, che per me non è un complimentone. Con due giocatori su tutti. E qui, come in una favola blucerchiata, torniamo al corso e ricorso di eventi: Sabiri, che ha tirato benissimo il suo rigore, e Audero che ha parato benissimo il suo rigore, tirato in un minuto incredibilmente simile a quello di una recente partita.

    Gli stessi due, perfetti per continuare il racconto come metafora e per i meme che i tifosi blucerchiati si stanno scambiando, impazziti di gioia.

    Ma diciamo anche il resto: e cioè, esattamente, che la continuità si vede anche nel gioco di Giampaolo, così bello quando è bello, come nei Promessi Sposi manzoniani il cielo di Lombardia, ma anche così brutto quando è brutto.

    Sampdoria-Reggina non ha convinto l’arbitro…

    Il resto – e ovviamente non posso esimermi, anche a costo di essere bollato come sessista – è la direzione della signora Maria Sole Ferrieri Caputi, la prima donna arbitro (“no, chiamatemi arbitro e non arbitra” e già per questo un po’ mi piace) in serie A, alla seconda partita del calcio che conta dopo un altro incontro di Coppa Italia, Cagliari-Ciitadella, splendida partita peraltro.

    Però con la stessa sincerità dico anche che Maria Sole è ancora acerba e dipende in tutto e per tutto dal Var.
    Ok per il rigore su De Luca. Opinabile l’annullamento del gol del pareggio della Reggina, tanto è vero che il consulto è durato interminabili minuti, portando poi ai nove di recupero.

    E completamente sbagliato il mancato fischio per il fallo di Augello che a me, dalla tribuna, è apparso subito nettissimo. Poi, certo, magari ero distratto dalla presenza nella postazione a fianco di Valentina Carosini, capace di sviare ogni attenzione, però rigore era rigore.

    Insomma, la prima donna arbitro in serie A mi è parsa ancora carente di personalità, ma ci sta tutto, proprio perché quasi esordiente.

    Il resto è lo splendido colore acquamarina della maglia di Emil Audero, che valorizza ancor di più i marchi Banca Ifis e La mia Liguria, per festeggiare sempre più le migliaia e migliaia di turisti che stanno riversandosi per le strade di Genova…


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