Quanti elogi a San Siro a una Sampdoria che non è mai stata in partita se non per i primi venti minuti di gioco…
Parto con una doverosa premessa. Capisco perfettamente le parole di Dejan Stankovic a fine partita dopo la sconfitta con l’Inter e dal suo punto di vista credo abbia tutte le ragioni del mondo: cerca di vedere il bicchiere comunque sempre mezzo pieno, sta dalla parte dei suoi giocatori e difende la sua squadra com’è giusto che sia.
Detto questo – e sottolineando come in questo momento storico la Sampdoria e l’Inter giochino di fatto due sport diversi (i nerazzurri sono troppo superiori sotto ogni aspetto) – credo che la gara di sabato a Milano sia stata la meno brillante sin qui della gestione Stankovic e non solo per la disparità dei valori in campo.
Sinora col mister serbo in panchina la squadra aveva sempre dimostrato di voler restare aggrappata al risultato (lo ha fatto anche nella sconfitta con la Roma, decisa da un rigorino) mentre questa volta la Sampdoria non è mai stata davvero in partita.
O meglio lo è stata solo nei primi venti minuti con un approccio anche spigliato e coraggioso: poi però – dopo il goal di De Vrij – la partita in buona sostanza è finita e mai, da lì in avanti, si è avuta la sensazione che la Samp avrebbe potuto davvero riemergere.
Non voglio togliere i meriti all’Inter sia chiaro: la formazione di Simone Inzaghi è tra le più forti (forse la più forte in assoluto) del campionato ma una squadra che vuole salvarsi non può subire un goal come quello del 2-0, con un lancio lungo dalla difesa a pescare Barella sul filo del fuorigioco e solo davanti alla porta (al di là del bellissimo tiro e controllo del centrocampista azzurro).
Ci sarebbe poi da ridire anche sulla passerella concessa a Correa sul 3-0, ma in quel caso bisogna sottolineare che la Sampdoria si è fatta trovare scoperta perché stava cercando – pur senza risultati apprezzabili – di riaprire la gara.
Sampdoria, a Milano si sono rivisti i difetti di Giampaolo
Se dopo la sfida di Cremona avevo visto molti segnali positivi non tanto nella qualità del gioco quanto nella voglia di vincere da parte di una squadra che evidentemente (lo testimonia la classifica) continua ad avere i suoi limiti. Sabato a San Siro mi è parso di rivedere almeno in parte i difetti della precedente gestione tecnica: un possesso palla spesso sterile, la mancanza di lucidità nei momenti decisivi e la difficoltà a creare veri pericoli sotto porta.
Un qualcosa che è legato alla qualità complessiva della squadra ma probabilmente anche a un Dna non sempre da cuor di leoni che ha contraddistinto la Samp in questi anni, anche in stagioni in cui la squadra era più forte di quella attuale.
Non credo insomma che ci si possa troppo entusiasmare per i primi venti minuti o per quel finale alla caccia del gol della bandiera – a partita ormai compromessa – con l’occasione di Pussetto e un certo forcing d’orgoglio.
Per salvarsi credo si possa e si debba fare meglio anche affrontando una grande squadra in trasferta: questo ritornello del “non è da San Siro che passa la salvezza” è vero sino a un certo punto. Ogni occasione deve essere buona per portare a casa dei punti.
Aggiungo poi che non mi ha pienamente convinto neppure la gestione dei cambi. Avrei insistito un po’ di più su Villar, Yepes e anche su Djuricic. Ma è ovvio che l’allenatore faccia anche bene a ruotare i suoi giocatori per trovare la formula migliore. Montevago per esempio mi è piaciuto molto per com’è entrato, a partita ormai chiusa: forse un’arma in più per questa Samp che ha bisogno di qualcosa di diverso in attacco.
Sampdoria, per fortuna ci sono i tifosi: belli e tanti…
Quanti elogi a una Sampdoria mai in partita…
LEGGI ANCHE Sampdoria, la salvezza passa dai tiri di Sabiri? Il dato
Dopo gli zero minuti concessi a Quagliarella a Cremona, sabato non è passata inosservata l’intera serata passata in panchina da Sabiri: la speranza è che un po’ di naftalina possa fare bene al marocchino perché questa Sampdoria ha bisogno delle sue qualità per uscire dalla zona rossa.
Non vorrei però passare per un critico di Stankovic, allenatore che mi piace molto per il modo in cui si è posto e in cui si è presentato alla Samp. Continuo ad avere fiducia nel suo carattere e nella sua personalità, anche perché la situazione della Sampdoria oggi mi pare più facilmente risolvibile sul campo che a livello societario (ma quella è un’altra partita).
E su almeno un paio di cose Stankovic ha ragione. La Sampdoria è ancora una squadra viva e che soprattutto la sua tifoseria – con un supporto straordinario anche sabato a Milano nel contesto di una serata per certi versi surreale a San Siro – sta facendo davvero di tutto per aiutare una squadra in difficoltà.
Ora sotto con la Fiorentina, che non è proprio uno scontro diretto per la salvezza ma potrebbe avere un enorme peso anche mentale per una squadra che deve porsi solo un obiettivo da qui alla pausa mondiale: uscire almeno temporaneamente dalla zona retrocessione.