Per valutare prima del fischio d’inizio, semplicemente alla consegna delle distinte, la differenza fra il momento societario del Milan e quello della Sampdoria bastava leggere le formazioni: nel Milan c’era Zlatan Ibrahimovic in panchina e, quando si è alzato per scaldarsi al quarantesimo del primo tempo, San Siro è esploso in un boato, con tanto di abbraccio con il suo compagno di nazionale svedese Albin Ekdal.
Insomma, una squadra rafforzata.
Nella Sampdoria, invece, era in campo titolare Julian Chabot, perchè Alex Ferrari si è infortunato e sir Claudio – ritenendo probabilmente sia Vasco Regini e Jeison Murillo più esterni che centrali o comunque meno affidabili del giovane gigante – ha rispolverato questo giocatore che, fino ad ora, non si era certo coperto di gloria, con la partita drammatica di Verona, l’ultima della sciagurata era Di Francesco, come orrore finale di quella gestione. E, invece, fra parentesi, Chabot è stato eroico e splendido, con la ciliegina della torta del salvataggio impossibile nel primo tempo, qualcosa che vale come e più di un gol fatto.
Ma, al di là della buona prestazione di Chabot e del rientro di Bere, di Bonazzoli ed Ekdal in panchina, la Sampdoria era una squadra sulla carta indebolita.
Poi Ibra è entrato al 54esimo ed è come se ci fosse sempre stato, come se non se ne fosse mai andato.
Alla Sampdoria, poi è venuto a mancare dopo mezz’ora Gaston Ramirez infortunato e dopo una manciata di minuti si è rotto anche il suo sostituto Fabio Depaoli, bruciando già nel primo tempo, dopo quarantadue soli minuti, due dei tre cambi a disposizione di Ranieri.
Insomma, era una partita difficile ed è diventata difficilissima.
Ma anche una partita straordinaria, con una Sampdoria sempre più bella e più consapevole, che cresce di settimana in settimana.
Con le due ripartenze di Gabbiadini che avrebbero potuto essere letali, ma si sono scontrate contro un grande Donnarumma e anche con un errore di Manolo, che avrebbe potuto concludere meglio.
Una delle più belle Sampdorie dell’anno, come capita ormai partita dopo partita, al di là della media punti recente.
Anche perchè, dall’altra parte, dopo i cambi del Milan e in particolare dopo l’ingresso di Zlatan, dall’altra parte i rossoneri sono cresciuti moltissimo minuto dopo minuto, giocando un ottimo e pericolosissimo (per la Samp e per le coronarie dei tifosi blucerchiati) secondo tempo.
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E qui è arrivato il capolavoro di Ranieri, la difesa.
Vi ricordate quella banda del buco di inizio campionato, dove qualsiasi avversario entrava come una lama nel burro?
Ecco, non è nemmeno lontana parente di ciò che stiamo vedendo in queste partite.
Audero – che fino a questo momento era stato il calciatore più deludente del campionato blucerchiato – è stato ottimo e abbondante, oggi pomeriggio, finalmente tornato il portiere che, a mio parere, se fosse stato preferito a Meret agli Europei Under 21 ci avrebbe permesso di essere qui a festeggiare un titolo europeo.
Di Chabot ho detto ed è stato epico, straordinario, sempre puntuale in ogni occasione.
Ma, forse, più di tutti, il fenomeno è stato ancora una volta Omar Colley, con un salvataggio sulla linea e la capacità di essere sempre al posto giusto, monumentale in mezzo all’area. Se trova anche continuità, io penso che sia superiore a Skriniar e Andersen.
E anche la chiusura di “Bere” all’ultimo minuto è stato un capolavoro assoluto, con un tempismo perfetto.
Ecco, tutto questo – che è un capolavoro tattico a livello assoluto, un miracolo se confrontato a ciò che eravamo stati costretti a vedere con DiFra – ha un nome e un cognome: un grande allenatore come Claudio Ranieri.
Non mettevi a ridere, ma qui – nei dibattiti sulla Puntina, su qualche sito satirico di calcio e in qualche dibattito televisivo – c’è chi ha scritto con sprezzo del ridicolo che Ranieri è un vecchio bollito e che, invece, Motta era il futuro. Detto tutto.
Oggi possono essere tutti più ottimisti. Il futuro è adesso.