Campionato finito, salvezza conquistata e advisor trovato. Ora bisogna solo sperare in un’mmediata cessione per la nostra Sampdoria. Ma non bisogna ancora dividersi, almeno per ora…
E vabbè, il campionato è finito. Ce ne facciamo una ragione, anche perché stavolta ci sorprenderà ancora tutti in infradito a Ferragosto, che sarebbe poca cosa da quando il giorno del mio compleanno (otto dello stesso mese) ebbi – e son quasi quarant’anni – la sorte di vedermi nevicare intorno (ma ero a circa 3.000 metri).
Tra i passatempi più ricercati – tornato in Liguria, sua patria elettiva, lo scudetto della pallanuoto, e ancora da decidere quello del basket, mio secondo amore sportivo, con le Scarpette Rosse che cercheranno di sfrattare dal trono (speriamo) le Vu Nere – direi sicuramente i consigli di amministrazione, specie quelli in blucerchiato, colore più che mai di moda nella Genova calcistica. Per essere esatti, in ogni angolo della città.
Le novità autentiche, se andiamo a vedere, sono due, e non secondarie. La prima: il Cagliari – il Cagliari, terzultima nella stagione appena conclusa – dovrà verosimilmente rassegnarsi al mancato ripescaggio, perché gli adempimenti di inizio stagione sembrerebbero andati a buon fine. La seconda: Banca Lazard è l’advisor ufficialmente incaricato a trattare il passaggio di mano della società.
E qui potremmo andare avanti a non finire: perché Lazard e non il Banco Popolare di Costa Pianelle. Perché uno qualsiasi dei due precedenti quando Percassi (quello della coppia di terzini “Percassi – Divina”, per chi ha ancora intere collezioni di album Panini) ha ceduto in silenzio, senza advisor e per cifre ben superiori alla somma del quadrato dell’ipotenusa con la base maggiore; perché Vidal e non Spuma di Sciampagna. E via cazzeggiando.
Cessione Sampdoria, incrociamo le dita e non dividiamoci inutilmente
Sampdoria, almeno noi restiamo uniti. Uniti fino alla cessione…
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Qui, in attesa di qualcosa di più sostanzioso e che non riguardi le vacanze dei calciatori, ci preme dire due cose, di nuovo due, e di nuovo non secondarie. La prima: nessuno di noi vuole assistere nella prossima stagione allo scempio tecnico visto per gran parte di quest’ultima. Perché anche questo salmo è finito in “Gloria”, ma insomma anche no. E se sacrifici dovranno essere fatti – allo stato, realisticamente, potrebbe essere così – si spera ci possa essere lo spazio per vedere all’opera ragazzi motivati (la Primavera viene da due stagioni da incorniciare) e, forse, non meno pronti di quanto lo fossero Torreira, Schick e Linetty nell’estate 2016, la più inquietante ed imperscrutabile dell’ultimo decennio, sul piano tecnico.
La seconda: basta basta basta dividerci. Basta soffiare sul fuoco delle divisioni. Basta pensare, chiunque per la sua parte, non tanto di avere ragione (ci mancherebbe), ma quanto che “quell’altro ha torto”. O “chissà cosa c’è dietro”, e “quali interessi avrà”. Sembra che oggi sia vietato avere opinioni diverse, pena l’essere considerati infiltrati, spie del KGB, hacker di Anonymous o del Monza. Eppure altri ambienti ci avrebbero – ci hanno – ben illustrato l’argomento “a contrariis”, nel quale eccellono, vedendoli concordi solo sull’odio verso “non ve lo dico”.
Volevo essere diverso. Lo sono stato. Ci tengo ad esserlo anche nel presente e nel futuro…