Antonio Cassano racconta la sua verità sulla lite con Riccardo Garrone, dopo la quale ha lasciato la Sampdoria. E punta il dito contro gli eredi dell’ex presidente
C’era una volta la Sampdoria di Gigi Delneri. Quella che era arrivata ai preliminari di Champions League dopo un quarto posto incredibile, trascinata da un duo che, dalle parti di Bogliasco, ricordava molto i “gemelli del goal” Vialli e Mancini: Giampaolo Pazzini e Antonio Cassano. L’anno dopo però, nella stagione 2010/2011, quella coppia si è spezzata.
All’improvviso, in modo burrascoso, Cassano è partito alla volta del Milan. Tutto per una lite con l’allora presidente della Sampdoria, Riccardo Garrone, altro artefice con Beppe Marotta della stagione magica dell’anno precedente. Quella litigata con “Duccio” è ancora oggi, per Fantantonio, l’unico errore commesso da calciatore di cui si pente amaramente. Lo ha confessato a Gianluca Gazzoli nel suo podcast “Passa dal BSMT“, raccontando che, però, c’è stato anche lo zampino decisivo dei figli nella faccenda:
L’unico errore della mia carriera calcistica che tornando indietro non rifarei più è la mancanza di rispetto nei confronti del presidente Garrone alla Sampdoria. Lui per me era come un padre, gli ho mancato di rispetto. Dopo due minuti mi ero pentito, ma il disastro l’avevo ormai fatto. Lui è sceso giù, tremando, è andato via ed era casa sua Bogliasco. L’ho chiamato tre volte, aveva detto che per lui non c’era problema, che era risolta, però l’ha detto ai figli che hanno preso la palla al balzo. Loro non vedevano l’ora
Facendo un passo indietro, Cassano ha raccontato che, dietro alla lite scoppiata a Bogliasco, c’erano sostanzialmente due ragioni. E che Garrone, come un padre per lui, ci è rimasto davvero male dopo la sua sfuriata inattesa:
Ero il giocatore più importante della Sampdoria. La settimana prima di Inter-Samp, Garrone mi ha cercato e mi ha detto che c’era da ritirare il premio di miglior giocatore della passata stagione. Io gli ho detto che non volevo andare. Esattamente il martedì dopo, mi richiama e mi dice che devo andare. Quella settimana c’era il mio amico Gigi D’Alessio in concerto al Carlo Felice, io ho deciso di non andare a ritirare il premio perché non ne avevo voglia e perché dovevo andare a quel concerto. Garrone però, non più da padre a figlio ma da presidente, è arrivato per impormi di andare a ritirare il premio. Era sulla sedia e l’ho spinto, ho iniziato a insultarlo e andando via dicevo tantissime parolacce. Mi è calato un velo nero davanti agli occhi e sono andato su tutte le furie. E lui c’è rimasto molto male
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L’ex presidente della Sampdoria, però, l’aveva perdonato. Il loro rapporto era quasi come quello tra padre e figlio. Ma i figli, appunto, di Garrone si sono messi in mezzo, secondo Cassano. Approfittando della situazione, lo hanno messo in condizione di scegliere di andare via:
La sera a cena l’ha raccontato ai figli. Lui mi aveva perdonato nel pomeriggio. Ma i figli ne hanno approfittato, il giorno dopo mi avevano fatto la rescissione del contratto e siamo andati in causa e hi perso. L’accordo era di dover dimezzare l’ingaggio, poi c’era un cavillo, che prevedeva che alla minima mancanza di rispetto verso chiunque, anche un magazziniere, avrei dovuto pagare la clausola rescissoria di 20 milioni. Io volevo rimanere alla Sampdoria, ma conoscendomi sapevo che prima o poi avrei mandato a cag*re qualcuno. Io non avevo rapporto coi suoi figli, il padre mi faceva fare quello che volevo. I figli detestavano questo mio rapporto col padre, ero come un fratello aggiunto. E a un certo punto hanno preso la palla al balzo. Dopo la sua morte comunque ci siamo riabbracciati e abbiamo chiarito, il pero un pochettino me lo sono tolto