Ha concesso un’intervista in esclusiva ai media ufficiali della Sampdoria, Fabio Bazzani, dove ha ripercorso la sua avventura a Genova
Due avventure in blucerchiato con la maglia della Sampdoria, in due momenti diversi. Ottantatré presenze e 31 goal segnati dal 2022 al 2005, poi per Fabio Bazzani c’è stata l’avventura con la Lazio e il ritorno a Genova. Altre 27 apparizioni e die goal, dal 2005 al 2007.
Un legame speciale quello tra l’ex calciatore e il club di Corte Lambruschini. Lo ha spiegato lui stesso in un’intervista rilasciata ai media ufficiali della Sampdoria.
Quando mi dicono Sampdoria mi vengono in mente quei cinque anni e quelle emozioni straordinarie. A Genova ho vissuto l’esperienza più importante della mia carriera, la più bella, quella che mi suscita più ricordi e sentimenti. Oltre i gol e le vittorie, mi resta dentro e mi arricchisce l’affetto dei tifosi che sento ancora a distanza di tanto tempo.
Quando mi è stato prospettato di venire alla Samp, che all’epoca era in Serie B ma aveva un progetto importante di risalita, c’era chiaramente Garrone che aveva gradi progetti e Novellino in panchina che mi voleva a tutti i costi. Sono cose mi hanno stimolato chiaramente. Poi sai quando parli di Sampdoria parli di una società, di una piazza e di un pubblico straordinario. Nella mia tesa ragionai in questo senso, in Serie A mi volevano Udinese e Chievo Verona, però il mio sogno sarebbe andare in blucerchiato e magari entro qualche anno, non pensavo subito l’anno dopo, giocare in Serie A dentro Marassi.
Scelsi in questo senso e poi addirittura il primo anno arrivammo in Serie A, fu tutto perfetto. Ma quello che mi spinse fu proprio questa motivazione. Giocare con questa maglia, per questi tifosi e a Marassi. Misi in secondo piano la categoria.
Sampdoria, le parole di Bazzani
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Flachi? Con lui si instaurò subito grande feeling, anche perché mi accolse in modo straordinario. Lui voleva vincere e con questo mi mise a mio agio. Senza invidie e gelosie , il nostro era un rapporto anche oltre il campo, sono stato il suo testimone di nozze. L’intesa era perfetta. Abbiamo lavorato l’uno per l’altro. Il paragone con Vialli e Mancini? Un paragone che ho voluto tenere lontano perché sono due divinità per la Samp.
Abbiamo capito di potercela fare quando andavamo in trasferta, affrontando squadre forti e noi giocavamo da protagonisti. La sera con il Cagliari? Indimenticabile. La mia soddisfazione più grande mia e dei miei compagni è stata vedere la faccia dei tifosi felici. Erano anni di sofferenza calcistica, nei loro occhi c’era felicità.
La Serie A? Partimmo subito con l’idea e la mentalità di chi non si sentiva un ospite in quella categoria, potevamo stare lì, la nostra fu una bellissima annata e io segnai 13 goal arrivando anche in nazionale. È bastato qualche ritocco e la squadra si è stabilità in Serie A, ci potevamo stare.
Novellino? Rapporto di odio e amore, come in tutte le cose sopratutto se hai un carattere forte. E’ arrivata la separazione temporanea che è un po’ la macchia della mia avventura in blucerchiata. Io ho subito la situazione, andai via in silenzio per rispetto della Samp, era inutile stare a spiegare c’era la squadra e la società da salvaguardare. Con un po’ di razionalità quella situazione poteva rientrare. Qualcosa che portò poco sia di qua che di là.
E’ stato lui il primo a chiamarmi per riportarmi a Genova. Io avevo tante remore, Mettemmo un pietra sopra a quanto successo. Questo mi spinse di nuovo ad accettare la Samp. Nel mio ritorno ci fu la parte più nera di sofferenza. Un calvario per un brutto infortunio, a dicembre sembrava tutto normale, invece una ricaduta fu fatale e poi da lì tante situazione non si sono incastrate. Ma il secondo intervento è stato più pesante ho provato a ritrovare me stesso, ma non ero più il giocatore di prima. Quello fu l’inizio della fase discendente.
Il mio grande rammarico? Sono gli ultimi due anni per gli infortuni alle ginocchia. Non ho avuto la possibilità di far vedere ancora quanto volevo. Mi rimane però l’affetto della gente blucerchiata, anche da lontano. Per un giocatore è la cosa più importante. Lasciare l’aspetto umano e caratteriale vale tanto, mi sono accorto di aver fatto qualcosa di buono, questo sì.