Andrea Mancini ora lavora al Barcellona insieme a Deco, ma non sarebbe mai andato via dalla Sampdoria, dove spera di tornare con Roberto
Andrea Mancini, dopo un solo anno alla Sampdoria, è andato via. O, per meglio dire, non ha ricevuto il rinnovo di contratto che avrebbe voluto dopo la scadenza del contratto ed è andato al Barcellona a lavorare insieme al direttore sportivo Deco:
Eravamo in contatto da qualche anno. Io conosco bene il figlio di Laporta e quest’estate mi ha chiamato lui per dirmi se poteva interessarmi il progetto. Avevamo poi lavorato in sinergia nell’operazione che ha portato Pedrola alla Samp. Io, ovviamente, ho accettato l’offerta e sono venuto qui. Credo ci siano pochissimi dirigenti italiani che hanno lavorato nel Barcellona, figuriamoci uno così giovane come me: era impossibile dire di no. E poi con Deco, come detto, il feeling è scattato subito. So che hanno apprezzato il mio lavoro fatto con i giovani lo scorso anno in Serie B. Mi occupo del mercato in Italia. A Deco serviva una figura che facesse da ‘spola’ tra l’Italia e Barcellona. Io vado a vedere tante partite sia qui che nel nostro paese e poi mi confronto con il direttore. Ha sempre lui l’ultima parola, ovviamente.
L’intervista alla Gazzetta dello Sport non poteva, però, prescindere da un passaggio sull’avventura alla Sampdoria. Un solo anno nella sua squadra del cuore e un’avventura finita forse troppo presto:
Io non sarei mai andato via. La Samp è stata il mio Barcellona. Per me è una società che vale più di tutto e tutti. Sarei rimasto a vita, ma ci sta. Ognuno fa le sue scelte. Resto comunque molto grato per l’occasione avuta e sarò sempre il loro primo tifoso.
Sampdoria, Andrea Mancini: ecco il mio unico rammarico
Sampdoria, Gazzetta, Andrea Mancini: sogno di tornare con papà Roberto. Non me ne sarei mai andato via
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Il sogno di Andrea è anche quello di Roberto: tornare. Magari insieme, con Bobby Goal in panchina e il figlio come direttore sportivo. La speranza è quella: chiudere un cerchio alla Sampdoria. La squadra che, per sempre, sarà legata al cognome Mancini:
Sarebbe un sogno… forse di più. E al momento non è niente più di un sogno. Fantascienza. Ma è bello pensarci e sperare di ritornare. Mi piacerebbe chiudere il ciclo in blucerchiato, un giorno. Tornare dove tutto è iniziato.
Il rammarico, per Andrea, è non aver potuto proseguire quanto iniziato l’anno scorso. Con lui sono arrivati giovani forti come Estanis Pedrola, come Giovanni Leoni, partito in direzione Parma dopo appena sei mesi trascorsi a Genova:
Rammarico? Non aver potuto mettere in pratica quello che avevamo seminato lo scorso anno. Ma ripeto, va bene così. Credo che era stato fatto un lavoro di un certo tipo con i giovani. Da Pedrola a Leoni e tanti altri…”.
Il cognome Mancini è pesante, indubbiamente. Andrea lo sa, ma sa anche di avere le capacità per convincere al di là del nome:
È fuori discussione che sia un cognome che apre porte. Io grazie al lavoro di mio papà sono cresciuto nel mondo calcio. Ho creato rapporti speciali, che però ho poi coltivato io nel tempo. Quindi si, magari sono partito avvantaggiato, ma poi ci sto mettendo del mio giorno dopo giorno per meritarmi ogni successo e togliermi le mie soddisfazioni.