I racconti di Narciso Pezzotti, il vice di Boskov della generazione d’oro della Sampdoria: da Vialli a Mancini agli aneddoti su Vuja
Narciso Pezzotti ha accompagnato l’avventura di Vujadin Boskov alla Sampdoria. Vuja primo, Narciso secondo allenatore dal 1986 al 1992, con Pezzotti che era arrivato due anni prima. Ha vissuto in primissima persona la costruzione di una squadra d’oro, la squadra dei sogni, di Luca Vialli e di Roberto Mancini.
In un’intervista a La Gazzetta dello Sport ha raccontato proprio di loro. Del nove e del dieci. Vialli un leader, un metodico:
Vialli e Mancini erano agli opposti. Vialli un gentleman, un metodico che ha bisogno di punti fissi per sentirsi sicuro. È un tornante, capisce che deve cambiare ruolo per diventare grande, comincia a studiare da centravanti. Dopo l’allenamento ci fermiamo io, lui, Bonetti, il secondo portiere Bocchino, per insegnargli a ricevere palla spalle alla porta, fare la finta e girarsi dall’altro lato.
Mancini, invece, era più timido. Estro, fantasia. Pezzotti è rimasto sorpreso dall’evoluzione di Bobby Goal, diventato un grande allenatore:
Sorpreso? Sì. È un timido con le esplosioni dei timidi, tutto estro e fantasia. Mantovani lo capisce e lo lascia fare. Dopo una stagione deludente, va dal presidente: “Non merito lo stipendio. Mi dia di meno la prossima stagione”. E Mantovani: “Robi, torna quando sei più lucido…”. Ora guida un gruppo, altempo aveva difficoltà a guidare sé stesso. Era un po’ sovrappeso, ora è magro, corre. Ha fatto un grande lavoro.
Sampdoria, Pezzotti: Boskov straordinario con Vialli e Mancini
Sampdoria, Narciso Pezzotti: Vialli leader, Mancini fantasista. Che spettacolo con Boskov
Alla Sampdoria ha vissuto insieme a Boskov. Un allenatore unico, un esempio, la mente dietro quella Sampdoria che ha fatto sognare:
Che tipo era? Non quello coreografico che tutti credono. Io arrivo alla Samp dal Torino con Bersellini, un burbero, un montanaro emiliano, persona squisita che però incute freddezza. Entra in spogliatoio e tutti si zittiscono. Quando lo sostituisce Boskov, serve un italiano con il patentino: io sono lì. Boskov è straordinario, fa finta di ascoltare Vialli e Mancini, ma decide lui. Controlla tutto, chiama a casa i giocatori.
Quella Sampdoria era un vero e proprio spettacolo. Una squadra bellissima, creata da Paolo Mantovani al timone, con Boskov che riusciva perfettamente a gestire un gruppo andato a pochissimo dalla vittoria della Coppa dei Campioni:
Era una Samp bellissima con tutti i piccoletti. Ma comincia a vincere quando capisce che servono praticità e fisico. Prende Briegel, Katanec, Cerezo, giochiamo meno bene, ma che squadra. Un austroungarico che ha regole e pretende che le rispettiamo. “Noi siamo la Samp”, dice quando arriva. Noi, che non abbiamo vinto niente, lo guardiamo straniti. Impone di andare con ladivisa sociale perché “l’immagine conta”.