In Casa Sampdoria i tifosi hanno perso la pazienza. E allora perché insistere ancora con Marco Giampaolo? Il suo curriculum parla chiaro…
Se non fosse stato per Emil Audero staremmo qui a raccontare un’altra disfatta come quella di Salerno.
Come tantissime altre contro pari grado o comunque squadre non irresistibili in trasferta, come se il punto con la Lazio o quello contro la Juventus legittimassero questa rinuncia totale e assoluta a giocare quando si parte da Genova.
A me, non è un mistero, tranne qualche eccezione che mi ricordo – negli ultimi anni le partite con Sassuolo, Empoli, Fiorentina, Juventus e poco altro – il gioco di Giampaolo non piace proprio per niente.
Tutto quel possesso palla nella propria area, quei passaggetti all’indietro, quella ragnatela sterile e fine a se stessa, che senso hanno?
Cosa porta Giampaolo? Qual è oggi, non cinque anni fa, il suo valore aggiunto?
E, soprattutto, qual è il valore aggiunto di far giocare i giocatori fuori ruolo?
Thorsby snaturato lo scorso anno e quindi svenduto quest’estate, Candreva – che con Roberto D’Aversa ha creato i 20 punti che hanno salvato la Sampdoria, non dimentichiamocelo, col presidente arrestato e la società allo sbando – costretto ad andare via perché giocava in un ruolo non suo, e ora anche Sabiri e Djuricic e anche lo stesso Verre che sarebbero trequartisti e invece stanno lì a galleggiare in un ruolo né carne, né pesce.
Ecco, l’involuzione drammatica di Sabiri è forse il campanello d’allarme peggiore.
Insomma, se fosse finita 5-1 sarebbe stato il risultato giusto.
Contro un Verona che era messo malissimo e per cui si parlava di esonero di Cioffi.
Ma il peggio è stato dopo il goal di Caputo.
Da quel momento e soprattutto dal momento del pareggio, in campo c’è stata una sola squadra. E non aveva la maglia blucerchiata.
E le due occasioni di Gabbiadini e Caputo sono state meno del minimo sindacale.
Qui il difetto sta nel manico, nell’allenatore.
Sampdoria, il curriculum vitae di Marco Giampaolo parla per lui…
Sampdoria, perché insistere ancora con Giampaolo?
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E allora vale la pena di andare a leggersi un po’ la carriera di Marco Giampaolo in panchina: nel 2006 è a Cagliari, viene esonerato a dicembre e richiamato a febbraio e si salva. Bene.
Anche l’anno successivo, nel 2007, è esonerato da Cellino – qui il nostro amico Stefano Loffredo è una sorta di enciclopedia vivente – dopo una serie terribile, nove punti in undici parte e penultimo, e, dopo un mese, Cellino lo richiama ancora, il giorno delle dimissioni di Sonetti, visto che Giampaolo è ancora sotto contratto. Lui chiama l’avvocato e gli detta poche parole: «Pur nella consapevolezza del danno economico che ne deriverà rinuncio a tornare a Cagliari. L’orgoglio e la dignità non hanno prezzo». Male sportivamente, benissimo umanamente.
L’anno dopo, a Siena, fa molto bene con alcuni record per la squadra toscana. Benissimo.
L’anno dopo ancora, sempre a Siena, fa cinque punti in dieci partite e viene esonerato. Malissimo.
L’anno dopo va a Catania fra molte attese, ma dopo una serie con un punto in tre partite è nuovamente esonerato. Male.
L’anno dopo ancora va a Cesena, gli fanno anche una bella squadra acquistando, fra gli altri Candreva (e ridaje), Mutu, Eder, ma in nove partite mette insieme solo tre pareggi e viene esonerato con la squadra ultima in classifica e tre soli goal segnati. Malissimo.
L’anno dopo non lo chiama nessuno. Malissimo.
L’anno dopo, visto che nuove chiamate dalla A, dove ha sempre allenato finora, non ne arrivano, riparte dalla serie B a Brescia. ma dopo una sconfitta in casa con il Crotone i tifosi inneggiano al ritorno del suo predecessore Calori. Lui non la prende benissimo e si dimette, non presentandosi all’allenamento. Poi lo richiamano e lui non accetta. Malino, ma anche bene per la seconda botta di dignità.
L’anno dopo una nuova discesa di categoria, stavolta in Lega Pro con la Cremonese, dove subentra a novembre: ottavo posto con nove vittorie e sette sconfitte. Malino.
L’anno dopo torna in A con l’Empoli, ottima stagione e buon gioco. Bene.
L’anno dopo arriva per la prima volta alla Sampdoria, decimo posto e due derby vinti. Arriva decimo, poi fa decimo anche l’anno successivo e nono il terzo anno. Non si qualifica per le Coppe europee come era capitato a Novellino e Del Neri in tempi recenti, ma comunque – fra alti e bassi, con belle squadre e ottimi giocatori che lui valorizza alternati a ottimi giocatori che lui non vede – fa comunque bene.
Dopo i tre anni blucerchiati va al Milan, ne perde quattro delle prime sei, record assoluto in rossonero negli ultimi 81 anni di storia e lo esonerano nonostante la vittoria col Genoa, grazie al rigore sbagliato da Schoene nel recupero. Malissimo.
L’anno successivo va a Torino e lo cacciano a gennaio con la squadra terzultima. Malissimo.
Il resto è storia recente: la salvezza dell’anno scorso, con un risultato assolutamente analogo a quello di Roberto D’Aversa, che però veniva trattato come lo scemo del villaggio e non come un Maestro e questa stagione con un record terribile: mai nella storia blucerchiata erano passate le prime tre giornate senza un gol realizzato.
Insomma, dall’agosto 2019 ad oggi, Giampaolo ha vinto dieci partite, compresa quella dello scorso anno con la Fiorentina a risultato acquisito.
Dieci dal 2019.
Sabato arriva il Milan e certamente la Samp giocherà molto meglio di oggi, anche perché peggio è impossibile.
Ma serve fare qualcosa prima che sia troppo tardi.
E quel qualcosa è allungare la lista degli esoneri di Giampaolo che ho elencato sopra.
