La Sampdoria del dopo Massimo Ferrero deve ripartire dall’identità blucerchiata, da uomini che hanno i nostri colori dentro…
Partiamo dalle cose tecniche: il 23 dicembre è convocata l’assemblea del soci della Sampdoria, con all’ordine del giorno: “Nomina amministratori, sindaci e presidente del collegio sindacale, ex art. 2364 codice civile”.
Funziona così: il consiglio di amministrazione blucerchiato decade automaticamente tutto insieme con il venir meno anche di un solo membro – in questo caso Massimo Ferrero – e si deve ricostituire integralmente, esattamente come accadde quando venne estromesso Romei dal consiglio di amministrazione, santificato da alcuni, forse prematuramente.
Quindi l’assemblea nominerà un nuovo consiglio di amministrazione e gli unici nomi possibili immaginabili per ripartire sono quelli della parte “ligure” del Cda attuale, quelli che hanno la Sampdoria nel cuore: Enrico Castanini e Pino Profiti.
Poi, è possibile l’ingresso anche di altre figure di peso: penso a Gianni Panconi, che certamente ha quattro quarti di cuore blucerchiato, come può testimoniare anche il suo amico Fabio Fazio, ed ha anche uno straordinario curriculum e preparazione. O, ancora, Alberto Bosco, direttore operativo della Sampdoria di Ferrero, ma non ha le caratteristiche per essere presidente.
O, pure, Gianni Invernizzi, finalmente tornato alle squadre giovanili dopo l’ostruzionismo di cui era stato vittima da personaggi idolatrati da una parte della tifoseria blucerchiata come “grandi”, ma si direbbe per autocertificazione. E, soprattutto, secondo la stessa tifoseria diventati “grandi” solo dopo essere entrati in rotta di collisione con Massimo Ferrero. E, magari è scomodo da dire, ma serve pur qualcuno che lo dica.
Le figure di riferimento per la Sampdoria non mancano…
Vedete, io – che passo per difensore di Ferrero semplicemente perché vedo i suoi risultati sportivi e difendo il garantismo anche per chi antropologicamente ed eticamente è proprio da tutt’altra parte rispetto a me – ero fra i pochi che lo attaccavano all’inizio, quando la vulgata lo trovava “simpatico e pittoresco”.
E a differenza di alcuni suoi ex dipendenti (allenatori, giocatori, manager, dipendenti vari e soprattutto eventuali), io solo con Ferrero non ho mai nemmeno preso un caffè, nè mai lavorato pagato da lui. Poi, per carità, ci mancherebbe altro che il lavoro non venisse pagato o che i contratti non fossero onorati. Ma mi diverte molto la gara a saltare giù dalla barca che affonda, circostanza generalmente tipica di simpatici animaletti. Oppure il fuoco amico, altra specialità della casa.
Detto tutto questo, anche perchè mi sono francamente rotto le scatole di gente che pontifica su tutto senza che nemmeno sapere fino a due giorni fa che Paola è un paese e non solo un nome di battesimo, dico che occorre ripartire dal cuore blucerchiato.
E da quattro nomi.
Due per la presidenza, interscambiabili perchè sono due fra i migliori manager che abbia mai conosciuto e soprattutto che vorrei rimanessero in posizioni apicali anche dopo il cambio di proprietà.
Il primo è Enrico Castanini, il segreto del successo di Liguria Digitale in tutte le sue declinazioni, e uno degli uomini più appassionati del suo lavoro e di tutto ciò che fa che io conosca. Per capirci, Castanini è quello che ha fatto, fra le tante cose, il sito prenotavaccino in Liguria, che è quello che funziona meglio d’Italia, senza i problemi anche di giganti come la Lombardia che ha dovuto ricorrere al sostegno delle Poste per poter uscirne.
Ma poi Castanini è l’uomo della digitalizzazione in Liguria, la chiave per capire la modernità, il commissario per l’innovazione della Regione, insomma un supermanager perfetto.
In più è sampdorianissimo: è di Sampierdarena, suo nonno e i suoi prozii e cugini “vivevano” al Bar Roma al centro della Manchester italiana, dove vennero scelti i colori della squadra e la sua nonna, le sue prozie e la sua mamma cucivano con le federe del negozio di famiglia, che vendeva tessuti in via Cantore, gli enormi bandieroni che Enrico e suo fratello portavano allo stadio.
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L’altro nome ottimo ed abbondante per la presidenza è quella di Pino Profiti, che di Castanini è il gemello diverso.
Profiti è il miglior manager della sanità che io abbia mai conosciuto, l’ho visto al lavoro al Bambino Gesù di Roma (e chi avesse intenzione di ricordare l’attico di Bertone, forse è meglio che si veda di quanto hanno beneficiato i bilanci dell’ospedale pediatrico vaticano da quella scelta illuminata imprenditorialmente), l’ho visto in corsia stare vicino ai piccoli malati, l’ho visto trasformare un ospedale che prima di lui guardava al passato in una rinnovata eccellenza. E soprattutto, Profiti, è colui che ha clonato il Bambino Gesù in tante altre sedi, soprattutto al Sud, in modo da evitare a bimbi e famiglie i viaggi della speranza.
E, allo stesso modo, oggi che è l’uomo incaricato di far ripartire la sanità ligure “di tutti i giorni” sta facendo un notevolissimo lavoro con “Restart Liguria”. Insomma, io, per come lo conosco e per come l’ho visto lavorare, Profiti lo vorrei ovunque e in qualunque ruolo, figuriamoci alla presidenza della Samp.
A loro aggiungerei anche altre due figure nell’organigramma.
Una, ovviamente, è quella di Enrico Nicolini che ieri ha fatto questo splendido post: “Qualche anno fa sono entrato in sala operatoria che mi avevano dato 5 possibilità su 100 di uscire vivo! Ho visto andarsene ad uno ad uno prima mio padre, poi mia sorella Luciana mia madre e mio fratello Sandro….Il calcio dovrebbe essere uno dei miei ultimi pensieri! Invece mai come in questo momento mi sento vicino alla squadra che ho sempre amato, sin da bambino…..Il vero tifoso blucerchiato si vede nel momento del bisogno! Ora tocca a noi!!!!!!! Samp Forever”.
Sampdoria, Enrico Nicolini e l’identità blucerchiata
Parole splendide quelle del “Netzer di Quezzi” per il quale vedo un ruolo “pesante”, una specie di ambasciatore della blucerchianità nel mondo, in grado di ricucire – rammendare direbbe Renzo Piano – i rapporti con i club, le tifoserie e tutto il mondo blucerchiato. E’ il ruolo più difficile e delicato e serve un fuoriclasse. Appunto.
L’altro, come ho scritto l’altro giorno, è Christian Puggioni che, alla vigilia di un derby, ha anche la sua storia personale da portare in eredità, con la straordinaria parabola del giorno in cui vinse la stracittadina praticamente da solo, dopo due anni che non giocava.
Puggioni, anzi l’avvocato Puggioni è perfetto per un ruolo alla Beppe Marotta, una figura di raccordo fra tanti mondi: ha il Dna blucerchiato fino alla settima generazione (chiedere ai suoi bimbi splendidi, splendidi anche per la testa, il cuore e l’anima della loro mamma Elena Ripamonti), conosce il campo e gli spogliatoi, sa trattare con gli agenti ed è stato per anni anche un ottimo sindacalista dei “poveri” fra i calciatori, conosce la legge, sa leggere bilanci, sa fare comunicazione ed è anche sufficientemente “politico” per essere a suo agio nei meandri della politica calcistica. Insomma, l’uomo giusto al posto giusto.
Poi, i quattro signori citati sopra – Castanini, Profiti, Nicolini, Puggioni – non si tirano mai indietro ogni volta che c’è dare una mano ai più deboli, agli ultimi, a chi ha bisogno di una mano.
E credo che sia un prerequisito splendido.