Sampdoria, ripartiAmo, sì. Però bisogna anche completare una squadra con delle lacune per cercare di tornare a vincere a Marassi…
Amici Sampdoriani, lettori di Club Doria 46, credo che una cosa più di ogni altra fosse sperata da tutti per questa stagione: non la serie A in “only one years” (la lasciamo ad altri), e nemmeno una rinascita calcistica da Araba Fenice.
Data per scontata la ripartenza dalle sciagure e dalle rovine trovate da chi ha rilevato la società, dato per scontato l’affetto dei tifosi (qui non si è perso niente, si sta anzi riguadagnando qualcosa), date anche per scontate le affermazioni diventate ritornello – pensiamo a dove eravamo tre mesi fa, guardate la Reggina, ringraziamo sempre chi ci ha raccolto col cucchiaino, eccetera – la cosa essenziale era ripartire anche da un livello medio, o schizofrenico – oggi bene, domani male – ma non ripetere assolutamente più i pianti delle ultime due stagioni, dell’ultima in particolare.
Quindi niente sconfitte in casa, gioire per un goal decisivo sotto La Sud, non prenderne più nei finali di gara, magari andare sotto e rimontare, applaudire persino uno zero a zero giocato bene, contro una squadra più forte.
RipartiAmo da una vittoria a Marassi dopo la sosta
Ecco, questo. Non tanto, da un punto di vista strettamente tecnico. Ma qualcosa da un punto di vista caratteriale, per tutto l’ambiente. Quindi: non una squadra che giochi perfettamente e sempre, ma che sappia stare in campo cento minuti, abbia idee, le proponga, segni, subisca poco, non denoti mai quell’affanno che, trasmesso agli spalti, diventa panico.
Ebbene, due partite interne, due sconfitte. Molto diverse, per carità: ma due sconfitte. Che per una squadra che ha vinto una sola volta tra le mura amiche in tutto l’anno solare è una bella mazzata sul morale per tutti, un morale già provatissimo e che cerca faticosamente di riannodare i fili con la propria storia, anche recente.
Una storia fatta di bellezza e di disincanto, di leggerezza e di ironia, di quello stile – sapete che ne sono uno strenuo difensore – che si contrappone al becerume “da griglia” di altri indirizzi.
Sampdoria, i tifosi ci sono e meritano di più sopratutto in casa, a Marassi, sotto La Sud…
Sampdoria, ripartiAmo, sì. Però rinforziamoci e poi basta sconfitte a Marassi…
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Alla seconda stecca domestica consecutiva, sono piovuti i fischi. Leciti? Opportuni? Ognuno faccia le sue valutazioni. Certamente a questa squadra manca qualcosa – altrimenti avrebbe vinto dominando – e non solo nel grezzo trattare di centravanti e di portiere (i due ruoli sui quali si appuntano le critiche più aspre).
Sampdoria, manca ancora qualcosa. Forse anche un direttore sportivo…
Manca qualcosa, a mio avviso, nella leadership in campo, ad esempio un difensore centrale cazzuto, un regista che alzi la voce e detti i tempi, un bisonte d’area, e forse – mi viene da dire – anche fuori. Mi chiedo quanto stia pagando la scelta di fare a meno di un direttore sportivo, uno di quegli emuli di Cagliostro in grado di vendere bene, comprare meglio e quasi quasi di stampare moneta…
Dal mercato mi aspetto ancora qualcosa. Se devo essere sincero – perché tutti, anche in società, hanno gli occhi – più di qualcosa. Poi, con la sosta, alcuni aspetti andranno fatalmente migliorando. Ma siamo già in ritardo, e due sconfitte casalinghe consecutive sono lì a dimostrarlo.
La gente blucerchiata, la stessa che pacificamente (che sorrisini di commiserazione mi strappano quei poveretti che – non si sa bene in base a cosa – hanno avuto la faccia di definirla “minacciosa”), in una sera di fine maggio gremiva Corte Lambruschini in attesa del “Nuntio vobis gaudium magnum”, ha dimostrato di meritare di più. E forse quei fischi (prematuri: lo scorso anno cosa sarebbe dovuto succedere?) dicono che non si va in ventiduemila a Marassi per vedere sempre, sempre, sempre perdere. Non se ne ha più voglia.