Dopo l’aumento dei contagi, il protocollo anti-Covid della Serie A è sotto accusa: si prospetta un cambiamento delle regole
L’innalzamento della curva dei contagi nel mondo del calcio – e non solo – sta aumentando i dubbi sul protocollo della Lega, concordato con il Cts la scorsa primavera. A otto giorni dal derby l’Inter ha scoperto positivi Nainggolan e Gagliardini, che si aggiungono a Skriniar e Bastoni. E poi Ibrahimovic, il focolaio del Genoa, per un totale di ventisei calciatori ancora contagiati.
Intorno al protocollo della Serie A c’è molta confusione. Ci sono giocatori considerati contatti diretti, dopo un doppio tampone negativo, sono partiti per le nazionali con le autorizzazioni delle asl. E altri che non hanno aspettato, come quelli della Juventus. E poi c’è chi è in isolamento nella struttura concordata, come il Napoli, e chi è andato a casa. Confusione, appunto.
Gravina difende il protocollo “l’unica strada praticabile è l’applicazione rigorosa del protocollo”, rivendicando il fatto che sia stato pensato e approvato dal Cts.
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C’è chi, invece, come Massimo Galli, responsabile del reparto malattie infettive del Sacco, ha molti dubbi: “Per il derby mi aspetto di tutto, con una situazione che potrebbe coinvolgere l’Asl di Milano. Così il protocollo non regge. E poi alle volte ho la sensazione che ci sia un utilizzo di comodo dello stesso”. Contro il protocollo c’è anche Ricciardi, il consulente di Speranza: “Bisogna adeguarlo alla nuova situazione”.
L’idea della bolla stile Nba non convince, mentre le squadre vogliono allontanare lo spettro dei playoff. Si potrebbe, quindi, arrivare a un nuovo codice di autoregolamentazione del mondo del calcio. Perché restare fermi è impossibile.