Nella vita puoi amare 1000 donne, cambiare 1000 amici, ma l’amore per la Sampdoria resta unico, insostituibile, a prescindere dai Presidenti e dai giocatori che hanno avuto l’onore di indossare la Maglia della Sampdoria.
Il mio primo ricordo, la mia prima partita, è lontano nel tempo: tanta, tanta gente, gli uomini con la camicia bianca e la cravatta. Si, una volta si andava allo stadio come alla Messa della domenica, si indossava il vestito buono. Era il calcio delle 14.30 alla domenica, era il calcio delle radioline, dello Stock 84, di “ mio padre veste da Mauri “, della curvetta con lo striscione del bar Gino, i tifosi dal palato fino. Era il calcio di Beppe, di Tamburino, del Dottore, di Gerardo, di Oreste Parodi e di tanti altri che hanno dato vita nel tempo al tifo organizzato.
Era un calcio diverso, uno sport popolare amato dalla gente e giocato per la gente, vissuto nei bar, nei mercati, nei quartieri. Sampierdarena era il feudo Samp per antonomasia, il bar Roma, Piazza Vittorio Veneto, il cuore battente della Sampdoria.
L’amore per quattro colori, per la Maglia più bella del mondo.
Amare la Sampdoria è qualcosa di particolare, speciale, un filo che ti porta dritto a Lei, qualcosa che senti tuo in ogni giorno della vita. Esiste un legame unico fra squadra, società, tifosi.
Non a caso, una delle frasi più ricordate e citate di Paolo Mantovani è “il patrimonio più grande della Sampdoria sono i suoi tifosi“.
Ogni partita, ogni momento, ogni attimo finisce nell’album dei ricordi, le vittorie come le sconfitte, fotogrammi da rivivere e raccontare col petto in fuori, carico di orgoglio e di passione. Migliaia di storie diverse, aneddoti di anni di calcio che escono dalla logica dei tabellini e dei risultati. Qualcosa che ti appartiene, qualcosa che fa parte della tua famiglia, che è dentro la tua famiglia.
Un credo che riporti, che racconti ai più giovani, una favola meravigliosa da tramandare, una favola fatta di campioni, di una palla che rotola, di una giocata, di un giocatore che ha lasciato il segno, di un pallone che gonfia la rete e di quel campione che abbraccia la Sud, il suo stadio, la sua gente.
Il derby di Genova racchiude tutto amplificato alla ennesima potenza, il derby è la partita che divide una citta, non ci sono parenti, amici familiari, esiste solo il senso di appartenenza con la tua gradinata, con la tua sciarpa al collo, con quei colori che rappresentano tutto, una storia, una vita.
Maggior numero di successi in casa, in trasferta, record di gol segnati, massimo punteggio in una stracittadina, Monzeglio raggiante per la gioia dei nostri nonni, Spinelli sotto la Nord con una montagna di carta igienica a fare da contorno. Ricordo tutto, anche il gol di Branco presagio di uno scudetto dal sapore dolce, ricordo i tre gol di Milito, ma quanti dolci ricordi ho a tinte blucerchiate?
Solo il pensiero mi fa sorridere e pensare a quanto è bello essere doriano, quindi ho scelto una partita fatta di umili calciatori e non di campioni, di umili manovali del pallone, nessun top player solo undici uomini che vestono la maglia più bella del mondo, ma un unico copione, sempre lo stesso da 73 anni.
VINTO, VISTO, VISSUTO.
XXVI giornata 16 marzo 1980 – Sampdoria 3 – Genoa 2.
Sampdoria: Garella, Logozzo, Romei, Ferroni, Talami, Pezzella, Genzano, Orlandi, Sartori, Roselli, Chiorri (89’ De Giorgis). Allenatore Toneatto.
Genoa: Girardi, Gorin, Odorizzi (74’ Boito), De Giovanni, Onofri, Nela, Manueli, Manfrin, Russo, Giovanelli, Tacchi. Allenatore Di Marzio.
Arbitro, Michelotti Alberto di Parma.
Stadio stracolmo, 48.000 spettatori di 38.422 paganti e 4.623 abbonati per lire 184.698.000 di incasso, più lire 12.698.000 di quota abbonamenti. Incidente ad Odorizzi al setto nasale con abbandono del campo. Ammoniti per scorrettezze Odorizzi, Roselli e Talami, Sartori per proteste, Manfrin e l’allenatore blucerchiato Toneatto per comportamento non regolamentare. Controllo antidoping per Genzano, Romei, Chiorri, Girardi, Odoricchi e Tacchi.
Due volte in svantaggio la Sampdoria ha saputo due volte pareggiare e rovesciando clamorosamente la situazione, aggiudicarsi il quarantesimo Derby della Lanterna, che potrebbe passare alla storia con il nome di Girardi, palesemente stordito per tutto il chiasso fatto nei giorni scorsi per il collegamento della sua persona con lo scandalo delle scommesse clandestine, dove è risultato palesemente colpevole sul primo e sul terzo gol.
La partita è stata combattuta, avvincente ed anche un pò pazza, per noi sampdoriani una meraviglia.
Sampdoria a piccoli passi, il Genoa a folate, tenuto lontano Ferroni da Manueli e Romei da Odorizzi, ai blucerchiati veniva a mancare la forza di rovesciare il fronte in poche battute, a centrocampo bene Genzano e male Manfrin, Gorin in giornata eccezionale era una spina nel fianco anche se doveva contrastare il temutissimo Chiorri.
La Samp si getta in pressing e al minuto 7 un gran tiro di Orlandi va a sbattere su un braccio di Odorizzi, assordante boato da parte doriana, ma Michelotti fa proseguire. Subito dopo si fa largo il Genoa con un gran tiro di Giovannelli e con Russo, due tiri che finiscono non distanti dalla porta difesa da Garella.
Al 21′ il gol di apertura del Genoa, fallo di Pezzella su Odorizzi, punizione di Tacchi rimessa in area, il pallone passa fra molte gambe ma a destra incontra il piede rabbioso di Gorin, Genoa in vantaggio.
Ancora il Genoa al 28’ ma sul capovolgimento di fronte lungo cross di Orlandi in area, svetta Sartori che devia in porta con un Girardi immobile. Ora tocca alla Sud fare festa.
La ripresa riprende con lo stesso standard del primo tempo, subito De Giovanni con una bordata da 25 metri sventata in angolo da Garella, al 51’ il Genoa ripassa in vantaggio. Manueli crossa lungo, tocco di testa di Russo che allunga irrompe Giovanelli che controlla e insacca.
Lo svantaggio della Sampdoria dura otto minuti, batti e ribatti al limite dopo una punizione di Roselli, dal limite arriva Genzano che al volo insacca sotto la Nord.
Il Genoa accusa il colpo e la Sampdoria ne approfitta, al 65’ fallo al limite di Onofri su Genzano, sulla palla Orlandi che tocca per Roselli che tira una rasoiata che Girardi tocca ma non riesce a trattenere.
Esplode lo stadio, esplodo io, mi ritrovo capovolto ad abbracciare ragazzi come me, un unico grido che sale al cielo e fa tremare i vetri del quartiere di Marassi.
La partita finisce li e la festa inizia in campo e termina a De Ferrari. Mantovani euforico in tribuna e tutti i tifosi sono con lui.
La Samp vince il quarantesimo derby, la storia si ripete, bandiere al vento, brucio il cicalino della vespa nel tornare a casa, corso De Stefanis è un serpentone di due ruote con le bandiere blucerchiate che ricoprono l’asfalto, sono felice, una gioia enorme. Alla sera seguo novantesimo minuto, la domenica sportiva e quelle immagini su TVS, emittente locale che dalla tribuna mi riportano un Paolo Mantovani raggiante, con quel “e ora non passan piu” scolpito sui gradoni del vecchio Ferraris.
Il giorno dopo, un lunedi meno faticoso del solito, mi aspettano i colleghi, parte il menaggio, quello che a Genova vivi tutti i giorni, quello che permette di fare la cartolina di Natale con lo sfottò di turno, fino al prossimo derby che sarà una nuova storia, un nuovo capitolo che solo chi è genovese può capire, il nuovo capitolo di un meraviglioso libro a tinte rossoblucerchiate.
Il mio derby è questo, il derby di ogni genovese è questo. Qualcosa che vivi 365 giorni nell’anno solare, qualcosa che si identifica due volte l’anno in quella giornata, in quella coreografia in quel risultato sportivo.
Sono fortunato, e me lo dico sempre, sono fortunato perché sono nato SAMPDORIANO, perché non basterebbero due vite per esserci davanti, nel loro miglior risultato del dopoguerra col quarto posto del 1990/91, noi vinciamo uno scudetto che ne vale 50 della Juventus.
Nei nostri 73 anni di storia, solo 13 volte siamo stati dietro, solo 13 volte abbiamo dovuto dire … pazienza.
Mai stati in serie C, vi sembra poco?
Sono fortunato, sono nato SAMPDORIANO !!!