Il presidente dello Spezia, Philip Platek ha rilasciato alcune dichiarazioni a proposito delle migliorie da portare in Serie A…
Philip Raymond Platek Jr, presidente americano dello Spezia, ha rilasciato una lunga intervista a proposito del progetto sportivo spezzino. Dagli investimenti ai possibili scenari futuri della nostra Serie A. Ecco le sue dichiarazioni rilasciate al Corriere della Sera. Le sue parole:
Dal Connecticut al Golfo dei Poeti, il rapporto fra la proprietà americana e una città al terzo anno di A sta crescendo bene?
Molto bene, anche se per fare una carta di credito dello Spezia ci sono voluti sei mesi e ho dovuto firmare una montagna di documenti (ride, ndr). In America l’avremmo fatta in sei minuti….
Cosa spinge tante proprietà Usa in Italia?
Tra i cinque campionati top, l’Italia è quella che ha i margini di crescita maggiori, con marchi ben riconoscibili dei grandi club, giocatori di alto livello. La Premier è lontana, ma pensiamo che l’Italia sia il posto giusto: il vostro calcio può tornare agli antichi splendori.
Come potete aiutare la crescita?
Quello che sappiamo fare meglio è portare le famiglie allo stadio, puntare sui bambini. Stiamo migliorando lo stadio, vogliamo che sia un boutique hotel, piccolo ma confortevole per tutti.
Qual è l’argomento di conversazione principale con gli altri presidenti americani?
Vari problemi della Lega: come migliorare la governance, gestire un business miliardario come un’azienda, con l’obiettivo di promuovere il prodotto, che è molto buono. Dobbiamo migliorare in questo, soprattutto nella vendita globale dei diritti.
Per gli italiani siete gli zii spendaccioni?
Non direi, i rapporti sono buoni con tutti, dalla Juve al Torino, dal Milan americano a sua volta, all’Inter, passando per l’Atalanta. Con Lotito non è stato così divertente negoziare per la vendita del nostro portiere, ma fa parte del gioco.
Lei è coinvolto nelle trattative?
Ci piace sapere tutto: il nostro obiettivo è essere responsabili. Ci mettiamo passione, ma non dobbiamo essere emotivi nelle scelte: la parola d’ordine è sostenibilità.
Tre anni in A non sono da tutti.
E non dimentichiamo il blocco ereditato sul mercato stabilito dalla Fifa per quattro sessioni. Ottenere la riduzione non è stato facile, ma è stato fondamentale.
Avete sogni o solo obiettivi aziendali?
Siamo pratici: dobbiamo stare in A, allargare il marchio, diventare solidi e affidabili. Come? Trovando buoni giocatori, facendoli crescere, vendendoli ai club più importanti. Stiamo facendo un buon lavoro per competere con società ben più grandi.
La sua passione per il calcio è recente?
No, abbiamo radici croate e polacche e siamo cresciuti nel Bronx, con tanti vicini italiani: la cultura del calcio ha sempre fatto parte della nostra famiglia, io ho anche iniziato a giocare ma dopo due operazioni agli occhi e un problema al tendine d’Achille mia moglie mi ha fatto capire che non era il caso. Ho allenato ragazzi e ragazze e mio figlio fa lo stesso. La passione c’è e grazie a questo capiamo meglio quella dei tifosi che ci fermano per strada. Ci mostrano l’abbonamento o il tatuaggio con l’aquila. Al Picco c’è grande energia.
Lo zio d’America
Serie A, i consigli “Made in USA” di Platek (Spezia)
LEGGI ANCHE Verso Cremonese-Sampdoria, settore ospiti tutto esaurito
La Premier ha speso più degli altri quattro campionati principali. Come si compete?
Crediamo che la popolazione di buoni calciatori stia crescendo e devi essere intelligente a sceglierli. Se l’Italia sistema le questioni della Lega, i guadagni saranno maggiori: devono esserlo.
Perché Gotti dopo Italiano e Thiago Motta?
E’ un gentleman e un insegnante coni giovani: fondamentale per alzare il livello.
Guardate quasi solo al mercato estero?
Siamo agnostici su questo. Cerchiamo il miglior rapporto qualità-prezzo, senza preclusioni per nessuno.
Nessuno negli Usa vi chiede mai chi ve l’ha fatto fare a investire in Italia?
Sì, ma in quel caso gli consiglio una serie tv («Ted Lasso», ndr), in cui un allenatore di football americano viene spedito ad allenare nel calcio inglese, senza esperienza: in fondo stiamo facendo la stessa cosa.